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Articoli per la parola chiave ‘sonnolenza diurna’

I nostri test

13 agosto 2010 @ 01:35

Vi proponiamo, nelle pagine correlate a questa, alcuni test di autodiagnosi con le relative spiegazioni. Potrete fare questi test direttamente sul sito, ed avere un risultato immediato, che vi permetterà di aver indicazioni utili sul vostro russamento (TSS, VSS), sulla sonnolenza diurna e il relativo rischio di incidenti stradali (ESS) , e sulla probabilità che siate affetti da sindrome delle apnee del sonno (formula di Flemons):

  • Per la valutazione del peso corporeo: l’indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI)
  • Per la valutazione della sonnolenza diurna: la scala di Epworth della sonnolenza (ESS), che è il test più universalmente usato per questo scopo.
  • Una scala che considera la autovalutazione del russamento: Thornton Snoring Scale (TSS)
  • Un’altra che riflette il punto di vista del partner sul russamento: Visual Snoring Scale (VSS)

ATTENZIONE!! tutti questi test hanno lo scopo di migliorare le conoscenze e l’attenzione di tutti su una patologia grave e sottovalutata come l’apnea del sonno. Non sostituiscono in nessun modo una diagnosi medica completa, che come abbiamo visto si basa sulla valutazione complessiva di diversi fattori e non soltanto sui questionari.  In pratica l’utilità dei test che vi proponiamo è di permettervi di valutare la probabilità che il vostro problema sia serio (in particolare la formula di Flemons definisce anche quantitativamente questa probabilità). Ma non consentono  di affermare nè di escludere con certezza la presenza di patologia.

Potete utilizzare questi test direttamente sul sito e valutarne i risultati con l’aiuto della spiegazioni allegate. Se desiderate approfondire la conoscenza della vostra situazione vi proponiamo diverse possibilità:

1       Potete chiedere direttamente informazioni o chiarimenti sulla vostra situazione usando il servizio di domande e risposte online. In questo caso le risposte saranno pubbliche, sul blog del sito.

2       Potete anche  richiedere online il questionario completo che utilizziamo nel nostro studio. In questo caso vi chiediamo di registrarvi, dato che le informazioni che ci fornirete devono restare riservate e sono sottoposte alla normativa sul rispetto della privacy. Vi invieremo il questionario al vostro indirizzo e-mail, e dopo che l’avrete compilato e rinviato allo studio vi risponderemo con una valutazione (gratuita) ancora via mail.

3        Se lo desiderate potete chiederci una consultazione gratuita online. A questo scopo vi consigliamo di compilare comunque il questionario, e di aggiungere le domande che desiderate fare, nello spazio apposito. Naturalmente anche in questo caso la risposta sarà riservata.

La scala di Epworth è una misura della sonnolenza diurna. E’ un test utile per aiutare nella diagnosi dei disturbi del sonno.

Come fare il test:

Il test le chiede di valutare quale probabilità lei ha di appisolarsi o addormentarsi in diverse situazioni. Il test si riferisce al suo stile di vita abituale in tempi recenti. Anche se non ha mai pensato ad una di queste situazioni, si sforzi di ricordare il suo comportamento in questi casi.

Usi la scala seguente per scegliere il numero più appropriato per ogni situazione:

  • 0 = Non mi capita mai di appisolarmi in questa situazione
  • 1 = Probabilità scarsa che mi succeda di appisolarmi in questa situazione
  • 2 = Probabilità moderata di appisolarmi in questa situazione (abbastanza spesso, ma non sempre)
  • 3 = Probabilità elevata di appisolarmi in questa situazione (quasi sempre)
Comincia il test
Quale probabilità Lei ha di appisolarsi o addormentarsi nelle seguenti situazioni (non semplicemente di sentirsi stanco)?

Seduto, leggendo un libro o un giornale:

Guardando la televisione:

Seduto, inattivo, in un luogo pubblico. Per esempio a teatro o ad una conferenza:

Come passeggero in auto, dopo un'ora senza soste:

Sdraiato per riposare nel pomeriggio, quando le circostanze lo permettono:

Seduto, conversando con qualcuno:

Seduto tranquillamente dopo un pranzo (senza aver bevuto nessun alcoolico:

In auto, durate una sosta di qualche minuto nel traffico:


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Interpretazione dei risultati

Utilizziamo in questa pagina l’interpretazione suggerita dal gruppo di Stanford, che è leggermente più restrittiva di quella suggerita in origine dal dr Johns, inventore della scala :

  • Fino a 6: situazione di sonnolenza ottimale
  • 7-8: risultato accettabile
  • Da 9 in su: situazione potenzialmente pericolosa

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La causa più frequente di sonnolenza diurna è la deprivazione di sonno notturno.

La seconda causa sono le apnee del sonno.

La sonnolenza è semplicemente il meccanismo che ci porta dalla veglia al sonno: si tratta quindi di uno stato indispensabile nella nostra vita. I problemi si creano quando la sonnolenza compare nei momenti meno opportuni, tipicamente mentre si svolgono mansioni noiose e ripetitive ma anche pericolose.

La guida dell’auto è una di queste, e la sonnolenza è una delle cause più diffuse di incidenti stradali (“colpo di sonno”), probabilmente più importante dell’alcool e della velocità,  che sono più note e pubblicizzate.

Diversi studi hanno dimostrato la correlazione stretta fra apnee del sonno e incidenti stradali. La figura che segue sintetizza i risultati di uno di questi, eseguito a partire da una popolazione sana controllata per molto tempo (Wisconsin Sleep Cohort Study, Young et al 1997).

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Sull’asse orizzontale del grafico sono rappresentati tre livelli di ostruzione respiratoria, descritti in base allo AHI. Il primo livello (AHI 0-5) rappresenta i soggetti senza un numero significativo di apnee del sonno, ed  è considerato il livello di riferimento (rischio = 1). Il secondo (AHI fra 5 e 15) rappresenta i casi di apnea ostruttiva lieve. Il terzo i casi di apnea da moderata a grave (AHI maggiore di 15).

Come si vede nel grafico i soggetti con apnea lieve hanno un rischio 3,4 volte superiore di avere incidenti stradali rispetto ai soggetti  del gruppo 1 (“sani”), mentre i soggetti con apnea moderata-grave  hanno 7,3 volte più probabilità di avere incidenti stradali.

Altri studi hanno dimostrato la stessa correlazione partendo da punti di vista diversi: per esempio il gruppo spagnolo di Teràn-Santos ha esaminato 102 persone che avevano subito una terapia d’urgenza per incidenti stradali nell’ospedale di Burgos, e li ha messi a confronto con 152 soggetti di analoghe caratteristiche (età , sesso etc) scelti a caso negli ospedali cittadini. I soggetti con AHI superiore a 10 avevano avuto un numero di incidenti stradali (abbastanza gravi da richiedere cure urgenti)  6,3 volte più alto di chi aveva AHI minore di 10. Si tratta di una correlazione ancora maggiore (lo AHI scelto è più basso), e questo si può spiegare considerando che il campione del Wisconsin era costituito da una popolazione lavorativa sana, mentre quello di Burgos da pazienti ricorverati per incidenti stradali. Un altro dato interessante di questo studio è il fatto che il consumo di alcool, anche in piccole dosi, nel giorno dell’incidente amplifica ancora di più gli effetti delle apnee del sonno, portando il rischio a 11,3 volte. Questo significa, in parole povere, che anche un bicchiere di vino può avere conseguenze drammatiche per una persona affetta da OSAS.

Risvegli e frammentazione del sonno

13 giugno 2010 @ 11:54

Il sonno normale è costituito da diversi cicli (di solito 4-5 per notte). Ogni ciclo comprende fasi di sonno più o meno profondo: dallo stadio 1, il più superficiale,  allo stadio 4, il più profondo, e termina con una fase del cosiddetto sonno REM (caratterizzato da movimenti rapidi degli occhi, Rapid Eye Movements). La fase REM è quella in cui facciamo la gran parte dei nostri sogni. Se il soggetto viene svegliato in fase REM è ancora “nel” sogno, e quindi lo ricorda perfettamente.

La figura che segue mostra le fasi del sonno, qui diviso in 5 cicli, in condizioni ideali

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Come si vede i cicli del sonno non sono uguali fra loro: nella prima parte della notte prevale il sonno profondo, che ha soprattutto la funzione di riposare corpo e mente. Nella seconda parte prevalgono le fasi superficiali e aumenta la parte di sonno REM, che in qualche misura ci prepara al risveglio.

Nella sindrome delle apnee del sonno la situazione è diversa: le interruzioni continue dovute ai risvegli (“arousal”), che sono necessari a consentire la ripresa della respirazione, causano la frammentazione del sonno, di cui abbiamo un esempio nella figura che segue  (Patil, 2007).

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Come si vede il sonno è frammentato, cioè la struttura è alterata da continue interrruzioni (risvegli elettroencefalografici, o arousal) e non si arriva quasi mai ad ottenere un sonno profondo. E’ difficile individuare dei veri e propri cicli del sonno e le fasi REM sono più numerose e disposte in modo irregolare nella notte. Questo tipo di sonno è poco ristoratore, e si associa di solito a sonnolenza diurna, esattamente come accade se c’è una durata insufficiente del sonno notturno.

Lo schema che segue sintetizza le conseguenze più importanti della frammentazione del sonno.

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Non chiamatelo "semplice!"

Comunemente definiamo “Russamento semplice” la presenza del rumore notturno in assenza di apnee, e lo consideriamo un disturbo benigno, almeno per il soggetto (non certo per il partner!).

La realtà è più complessa: i disturbi respiratori del sonno si caratterizzano come un continuum, in cui ogni livello sfuma progressivamente nel successivo:

  • Il russamento occasionale e leggero è un evento che può capitare a tutti, ad esempio in occasione di un raffreddore o di una faringite, oppure dopo una cena con abbondante accompagnamento di alcoolici. Di solito non comporta effetti significativi, rumore a parte.
  • il russamento abituale non è altrettanto inoffensivo. Qui la parziale ostruzione respiratoria è presente quasi ogni volta che il soggetto dorme, e può accompagnarsi a disturbi significativi:  nei russatori abituali possono essere presenti, in misura molto superiore che nei soggetti non russatori, due importanti fattori di rischio per la sopravvivenza del paziente: l’ ipertensione arteriosa e la sonnolenza diurna (Portaluppi et al. 1997, Peppard et al. 2000Smith-Battagel 2004). Inoltre il livello di benessere soggettivo, misurato con diverse scale di autovalutazione, diminuisce in presenza di russamento abituale. Ovviamente il benessere del partner, e quindi anche la qualità  delle relazioni di coppia, è influenzato soprattutto dalla intensità e dalla frequenza del russamento.
  • il russamento abituale può causare sforzi importanti per mantenere aperte le vie aeree, al punto da determinare micro-risvegli (arousal). In questo caso  il disturbo viene definito con un nome complicato: “sindrome da resistenza delle vie respiratorie superiori” (Upper airways respiratory syndrome = UARS); è in sostanza una forma intermedia fra russamento e apnea del sonno. In questa forma di ostruzione respiratoria la probabilità che siano presenti anche ipertensione e sonnolenza diurna è più elevata. Non c’è diminuzione della ossigenazione del sangue, a differenza che nella OSAS.
  • Al di sopra di un livello definito di ostruzione respiratoria (AHI maggiore di 5) si parla di sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS). Qui la respirazione si ferma del tutto, e la situazione è ancora più grave. La esaminiamo nella pagina dedicata alle apnee del sonno.

Risultati sulle apnee del sonno

16 maggio 2010 @ 23:39

L’efficacia degli apparecchi dentali nella riduzione del numero di apnee e ipopnee per ogni ora di sonno (AHI) è stata studiata in tutti i lavori di ricerca sull’argomento.

La ampia revisione della letteratura fatta da Ferguson et al. nel 2006 per conto della AASM ha valutato, su 41 studi selezionati, una percentuale di successo di circa il 50% seguendo il criterio più restrittivo (successo = AHI<5 o <10) e  fino all’80-85% seguendo criteri di successo più larghi (= AHI <50% di quello di partenza e <20).

Un’altra importante revisione (Hoffstein, 2007) su circa 2800 pazienti valuta i successi al 54% usando il criterio più restrittivo e del 75% con quello più largo.

La CPAP è considerata il “gold standard” delle terapie per le apnee del sonno, e quindi diversi studi hanno confrontato l’efficacia della terapia con apparecchi dentali con quella della CPAP. A questo scopo i due trattamenti sono stati applicati in tempi successivi agli stessi pazienti (studi “crossover”) oppure su due gruppi diversi di pazienti randomizzati (cioè con caratteristiche uguali fra loro).

Nella revisione  citata prima di Ferguson et al che esamina 7 studi crossover fra CPAP e Apparecchi Dentali si arriva alle conclusioni seguenti:

  • Lo AHI è  normalizzato quasi nel 100% dei pazienti trattati con la CPAP, nel 60-70% dei trattati con AD.
  • I sintomi causati dalla OSAS (sonnolenza, ipertensione arteriosa) migliorano in misura simile con i due trattamenti, con un leggero vantaggio per gli Apparecchi Dentali.
  • L’aderenza alla terapia è molto minore con la CPAP che con gli AD.

In sintesi: la CPAP è più efficace, ma viene portata di meno,  per cui alla fine il vantaggio diminuisce, o si perde del tutto.

Su questo aspetto della accettazione da parte dei pazienti di Apparecchi Dentali e CPAP sono stati fatti numerosi studi, e quasi tutti evidenziano una maggior facilità ad accettare una terapia con AD che con la CPAP. I dati della accettazione degli AD sono molto elevati, e nei diversi studi variano in genere fra 80% e 90%.

La figura qui sotto sintetizza i risultati di un importante studio randomizzato effettuato in Olanda dal gruppo di Hoekema, e pubblicato nel 2008.  La differenza principale rispetto a studi precedenti è che l’avanzamento della mandibola (vedi apparecchi dentali, meccanismo d’azione) è stato maggiore fin dall’inizio della terapia (75% del massimo avanzamento possibile) per poi aumentare durante la cura fino al raggiungimento del  risultato ottimale. Inoltre i pazienti di questro studio erano mediamente più obesi e più gravi di quelli di altre ricerche precedenti. In questo studio si definisce  “successo terapeutico” l’ottenimento di un AHI minore del 50% del valore di partenza e minore di 20. Così ad esempio se il valore di AHI di partenza sarà di 20, consideriamo “successo” un AHI finale pari a meno di 10. Ma se il valore di partenza è 80, definiremo “successo” il raggiungere un valore inferiore a 20. Questo criterio è simile a quello utilizzato in altri lavori (v sopra Ferguson et al).

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Come si vede, anche in questo studio l’uso della CPAP permette una riduzione dello AHI a valori minori rispetto a quelli ottenuti con l’apparecchio dentale  (media 2,4 vs 7,8). Adottando il criterio di successo descritto sopra tuttavia si nota che:

  • Nelle forme di OSAS lieve o moderata la % di successi con le due terapie è uguale (84% per gli AD, 80% con la CPAP).
  • Nelle forme gravi (AHI di partenza superiore a 30) la CPAP risulta più efficace (e in effetti è raccomandata come trattamento di prima scelta per queste forme), ma comunque gli apparecchi dentali consentono di curare con successo il 70% dei casi di OSAS grave.
  • Un terzo risultato importante (non riportato nel grafico) è che tutti gli altri parametri soggettivi considerati nello studio (sonnolenza, qualità della vita, livello di energia durante il giorno, indici di  ansia e depressione psichica ) sono migliorati in modo identico dal trattamento con CPAP e da quello con apparecchi dentali.

Un altro lavoro recente e importante di confronto fra i risultati di CPAP e Apparecchi Dentali è lo studio cross-over di Gagnadoux et al pubblicato nel 2009. Qui il criterio di successo adottato è leggermente diverso: vengono considerati “successo totale” i casi in cui la riduzione dello AHI è superiore al 50% del livello di partenza e minore di 5, e successo parziale le riduzioni di almeno il 50% ma con AHI superiore a 5. “Fallimenti” i casi in cui non si ottiene riduzione di AHI almeno del 50%. La figura che segue è la sintesi dei risultati ottenuti con la terapia dentale.

Colonne bianche: successo totale. Colonne grigie: successo parziale. Colonne nere: fallimento

  • Come si vede anche qui la percentuale globale di successi è molto alta, e anche qui nei casi di OSAS lieve e moderata (AHI minore di 30) la percentuale di successo totale è maggiore che nelle forme gravi, in cui prevalgono i casi di successo parziale (colonna grigia dell’istogramma).
  • Anche in questo studio i risultati con la CPAP sono migliori (valori di mediana AHI = 2, contro 6 con gli AD), ma le differenze non sono grandi e riguardano soprattutto i casi di apnea grave.
  • Anche qui, come in molti altri lavori, i risultati delle due terapie su sonnolenza e livello di attenzione sono uguali. In questo studio la sonnolenza è stata valutata anche con test obiettivi oltre che con la scala di Epworth , e i risultati sono praticamente identici.

Risultati sulla sonnolenza

10 maggio 2010 @ 22:57

Come abbiamo visto la sonnolenza diurna è uno dei sintomi più importanti della sindrome delle Apnee del Sonno (OSAS), ma può essere causata anche dal russamento “semplice” o dalla forma intermedia nota come UARS.  E’ una delle conseguenze più rilevanti dei disturbi respiratori del sonno per il rischio aumentato di incidenti stradali e sul lavoro. Di conseguenza è fondamentale valutare gli effetti sulla sonnolenza delle terapie effettuate.

Le revisioni della letteratura sugli apparecchi dentali mettono in evidenza risultati soddisfacenti, di solito sovrapponibili a quelli ottenuti con la CPAP, per tutte le valutazioni sulla sonnolenza e in generale per i test neuro-cognitivi (Hoekema 2004, Ferguson 2006).  La maggior parte delle valutazioni sono state effettuate utilizzando la scala di Epworth o altri test soggettivi, cioè basati sulle valutazioni del paziente o del partner. Va detto che nei casi in cui è stata eseguita una valutazione obiettiva con misurazioni effettuate dai medici, come il test MSLT, i risultati sono stati simili: in generale la scala di Epworth viene considerata un indice fedele della situazione.

Hoffstein ha esaminato, sullo specifico tema della sonnolenza, un gruppo di articoli che valutano 854 casi. il punteggio della scaladi Epworth si è ridotto da una media di 11,2 (prima) a 7,8 (dopo la cura con apparecchi dentali).

Fra i lavori originali sul tema, lo studio di Smith e Battagel (2004) è  interessante perchè dimostra una diminuzione della sonnolenza in un gruppo di “russatori semplici”, cioè in assenza di OSAS, trattati con un apparecchio dentale.

Negli ultimi anni alcuni studi hanno valutato la sonnolenza, oltre che con criteri soggettivi, anche con tests obiettivi. Ad esempio in una ricerca olandese (Hoekema et al. 2007) un gruppo di soggetti con OSAS grave (AHI medio di 50) è stato sottoposto ad un test di simulazione di guida dell’auto su tracciato noioso; le performances erano nettamente peggiori di quelle di soggetti senza OSAS; dopo terapia con apparecchi dentali il livello di attenzione era normalizzato, e il risultato era identico a quello ottenuto con la CPAP.  Buoni risultati sono stati conseguiti nel 2009 dal gruppo di Gagnadoux. Qui la vigilanza diurna è stata misurata con il test OSLER, un sistema di valutazione obiettiva che misura le latenze del sonno e il numero di errori compiuti, e con diversi altri test; anche in questo studio i risultati ottenuti con gli apparecchi dentali  sono stati praticamente identici a quelli ottenuti dalla CPAP.