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Breve storia degli apparecchi dentali


La sindrome delle apnee del sonno (Obstructive Sleep Apnea Syndrome, OSAS) è stata descritta in modo magistrale da Charles Dickens nel “Circolo Pickwick” nel 1830. Il vetturino “Fat Joe” del romanzo era obeso, si addormentava dappertutto e russava fragorosamente. Qui lo vediamo in un disegno d’epoca.



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Il medico inglese Broadbent ne diede una descrizione molto accurata nel 1877,  ma la cosa non ebbe seguito.

La descrizione attuale della OSAS fu accettata dalla comunità scientifica nei termini attuali solo negli anni ’70 del ‘900. Nel 1980 Colin Sullivan ha inventato la CPAP, che da allora è la terapia di elezione per le forme gravi di apnea del sonno. Pochissimi anni dopo era chiaro che si tratta di una terapia estremamente efficace ma accettata con difficoltà da molti pazienti, soprattutto dai meno gravi.

Nei primi anni ’80 si è quindi iniziato ad utilizzare apparecchi ortodontici, nati per la correzione dei difetti di occlusione, per portare avanti la mandibola e impedire alla lingua di cadere indietro e ostacolare il passaggio dell’aria (vedi la pagina meccanismo di azione).

Negli anni ’90 questa terapia si era già diffusa negli USA, in Canada e in Australia, e poi nei paesi del nord Europa, e sono stati inventati diversi apparecchi dentali dedicati appositamente a questo scopo. In generale si è passati da apparecchi “monoblocco”, che cioè uniscono le due arcate dentali fra loro in modo rigido, a dispositivi separati per ognuna delle due arcate, che poi vengono accoppiate con dispositivi regolabili: piccole viti o barrette di plastica.

Questa flessibilità permette:

  1. una certa libertà di movimento alla mandibola nella notte (bere, parlare…)
  2. la regolazione fine dell’avanzamento della mandibola, per migliorare efficacia e comfort

Questi dispositivi sono usati ancora oggi, dopo vari perfezionamenti. In generale sono più confortevoli e più facilmente accettati dei loro predecessori.

La letteratura scientifica su questo argomento è cresciuta enormemente: una revisione curata per la AASM nel 1995 da Schmidt-Nowara et al censiva 21 articoli scientifici sugli apparecchi dentali per la cura delle apnee del sonno.  Dieci anni dopo è stato realizzato un aggiornamento, a cura di Ferguson et al, pubblicato nel 2006: venivano selezionati 131 articoli, che  sono stati utilizzati per la revisione.

Dopo di allora sono stati pubblicati molti studi significativi, che in generale denotano una maggiore propensione, rispetto agli anni precedenti,  ad utilizzare gli apparecchi dentali anche nella terapia di forme gravi di sindrome delle apnee del sonno. L’altra novità degli ultimi anni è una minore preoccupazione, rispetto al passato, nell’effettuare avanzamenti anche molto importanti della mandibola rispetto alla posizione abituale.  A questo corrispondono risultati migliori anche nella terapia delle forme gravi di OSAS.

Iniziano a comparire  anche studi sui risultati obiettivi, cioè misurati da un osservatore esterno, della terapia con apparecchi dentali sulla sonnolenza (Hoekema 2007, Gagnadoux 2009) e sulla ipertensione arteriosa (Barnes 2004, Gotsopoulos 2004, Yoshida 2006, Andrèn 2009).