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E’ davvero “Russamento semplice”?
Comunemente definiamo “Russamento semplice” la presenza del rumore notturno in assenza di apnee, e lo consideriamo un disturbo benigno, almeno per il soggetto (non certo per il partner!).
La realtà è più complessa: i disturbi respiratori del sonno si caratterizzano come un continuum, in cui ogni livello sfuma progressivamente nel successivo:
- Il russamento occasionale e leggero è un evento che può capitare a tutti, ad esempio in occasione di un raffreddore o di una faringite, oppure dopo una cena con abbondante accompagnamento di alcoolici. Di solito non comporta effetti significativi, rumore a parte.
- il russamento abituale non è altrettanto inoffensivo. Qui la parziale ostruzione respiratoria è presente quasi ogni volta che il soggetto dorme, e può accompagnarsi a disturbi significativi: nei russatori abituali possono essere presenti, in misura molto superiore che nei soggetti non russatori, due importanti fattori di rischio per la sopravvivenza del paziente: l’ ipertensione arteriosa e la sonnolenza diurna (Portaluppi et al. 1997, Peppard et al. 2000, Smith-Battagel 2004). Inoltre il livello di benessere soggettivo, misurato con diverse scale di autovalutazione, diminuisce in presenza di russamento abituale. Ovviamente il benessere del partner, e quindi anche la qualità delle relazioni di coppia, è influenzato soprattutto dalla intensità e dalla frequenza del russamento.
- il russamento abituale può causare sforzi importanti per mantenere aperte le vie aeree, al punto da determinare micro-risvegli (arousal). In questo caso il disturbo viene definito con un nome complicato: “sindrome da resistenza delle vie respiratorie superiori” (Upper airways respiratory syndrome = UARS); è in sostanza una forma intermedia fra russamento e apnea del sonno. In questa forma di ostruzione respiratoria la probabilità che siano presenti anche ipertensione e sonnolenza diurna è più elevata. Non c’è diminuzione della ossigenazione del sangue, a differenza che nella OSAS.
- Al di sopra di un livello definito di ostruzione respiratoria (AHI maggiore di 5) si parla di sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS). Qui la respirazione si ferma del tutto, e la situazione è ancora più grave. La esaminiamo nella pagina dedicata alle apnee del sonno.
Apnee del sonno
Nel capitolo sul russamento abbiamo esaminato il meccanismo che porta alla ostruzione parziale delle vie aeree. Quando l’ostruzione delle vie aeree diventa più grave, si arriva alla chiusura parziale o completa, illustrata nelle figure che seguono. Si parla allora di sindrome delle apnee ostruttive del sonno, nota anche come OSAS (Obstructive Sleep Apnea Syndrome).
I meccanismi sono gli stessi già descritti per il russamento.
Come introduzione “leggera” all’argomento vi suggeriamo un video su un epidodio di apnea del sonno (con drammatizzazione musicale) comparso un anno fa su Youtube. Dura circa un minuto e fa capire abbastanza bene cosa succede al paziente in questa situazione. Oppure il video che abbiamo pubblicato da poco “Apnea del sonno in 4 minuti“, che spiega più diffusamente il problema e comprende anche il tracciato cardio-respiratorio del sonno.
Va notato che nei soggetti con OSAS il calibro delle vie aeree è diminuito ancor più che nei russatori (Schwab 1993, 2003, Schwab-Strohl 2003), ma la attività neuromuscolare di base è maggiore che nei soggetti senza OSAS (Fogel et al. 2001, Malhotra et al.2002). Questo consente una respirazione normale finchè il soggetto è sveglio, ma nel sonno il tono muscolare diminuisce, il calibro delle vie respiratorie si riduce, la mandibola cade all’indietro e ruota (spesso la bocca è aperta) e le vie aeree superiori si chiudono (Clark et al 1996, Thornton 1998).
Se la chiusura è parziale si determina una riduzione del flusso aereo (ipopnea). Quando la faringe si chiude completamente, la respirazione cessa (apnea). Questa situazione è potenzialmente mortale. Man mano che l’apnea procede, l’ossigeno nel sangue diminuisce (ipossiemia) e la anidride carbonica aumenta (ipercapnia): il cervello viene avvertito di ciò, e invia una sorta di messaggio di allarme (liberando adrenalina e aumentando l’attivazione del cosiddetto sistema simpatico).
La conseguenza più importante è il risveglio del cervello stesso (“arousal“) che provoca l’attivazione dei muscoli dilatatori della faringe (quelli che si rilassano nel sonno) e quindi la sospensione dell’apnea: il soggetto effettua di solito tre o quattro respiri fragorosi, e l’ossigenazione torna a livelli accettabili. I risvegli sono nella grande maggioranza dei casi di brevissima durata, e non vengono ricordati al mattino. Qualche volta invece il paziente si sveglia con la sensazione di soffocare (del tutto realistica), e questo è un sintomo importante di probabile sindrome delle apnee del sonno.
Dopo il risveglio la situazione si normalizza, il sonno torna profondo, le vie aeree possono di nuovo chiudersi per effetto del rilassamento muscolare, e il ciclo ricomincia. Questa situazione di “va e vieni” fra periodi di apnea e momenti di iperventilazione può ripetersi anche centinaia di volte nel corso di una notte.
Se esaminiamo il filmato di un paziente con una forma grave di apnea del sonno (ad esempio “Apnea del sonno in 4 minuti“, oppure “What is sleep apnea”), la cosa sorprendente è che il paziente sia ancora vivo dopo una notte passata quasi senza respirare.
Gli effetti dannosi causati da questa situazione sono parecchi, e spesso gravi. Li esaminiamo nelle pagine dedicate alle conseguenze delle apnee del sonno.